Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è infertile una coppia che non riesce a concepire dopo 12/24 mesi di rapporti non protetti e mirati. L’infertilità in Italia riguarda circa il 15% delle coppie mentre, nel mondo, circa il 10-12% (OMS, 2018).
La sterilità è invece la situazione di una coppia in cui uno o entrambi i partner sono affetti da una condizione fisica permanente che rende impossibile il concepimento (esempio: azoospermia, menopausa precoce o assenza di utero congenita). Mentre il termine di sterilità primaria si riferisce a persone che non sono mai state in grado di concepire, la sterilità secondaria è l’impossibilità di concepire un secondo figlio dopo aver già concepito e/o portato a termine una gravidanza.
La fertilità è strettamente correlata ad alcuni fattori che giocano un ruolo molto importante sulla capacità riproduttiva, primo tra tutti l’età.
Secondo gli studi del Ministero della salute, la fertilità femminile risulta massima nel range temporale dai 20 ai 30 anni. Dopo di che si registra una prima diminuzione a 32 anni e un’ulteriore diminuzione successivamente a 37 anni. In particolare, a 23 anni ogni ovulazione ha circa il 26% di probabilità di trasformarsi in gravidanza, a 39 questa percentuale è la metà, a 40 anni scende al 10%, mentre a 43 anni oscilla fra il 7% e il 4%.
Chi ha problemi di fertilità, vive in una fase di frammentazione emotiva, che non riguarda solo l’individuo ma anche la coppia che fa esperienza di sentimenti di fallimento e di vuoto che, col passare del tempo, si trasformano in profondo dolore e sofferenza. Tali sensazioni sono da rintracciare in qualcosa di primordiale ossia l’apertura alla continuità della vita e alla perpetuazione della specie e anche se il contesto socioculturale odierno è mutato e la finalità elettiva di un rapporto amoroso risiede perlopiù nell’appagamento reciproco, il figlio continua a ricoprire un ruolo importante, soprattutto se vissuto come una mancanza.
La figura medica coinvolta viene poi spesso investita, erroneamente, di un ruolo salvifico, ponendosi quale terzo, a livello simbolico, tra i partner, con conseguente senso di dipendenza e di passività.
Le donne complessivamente soffrono più degli uomini a causa dell’infertilità, vivono stati depressivi, sono stressate dalla condizione in sé, indipendentemente da chi nella coppia è infertile, mentre gli uomini soffrono soprattutto della propria infertilità, che viene vissuta spesso come segno di impotenza e di inadeguatezza sessuale.
Molte coppie, pur di realizzare il sogno di diventare genitori, decidono di sottoporsi ad un iter diagnostico e terapeutico con tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), che posso rappresentare una soluzione al problema, e che richiedono un notevole impegno emotivo e, spesso, anche economico.
Il lieto fine nelle storie d’infertilità non sta necessariamente nella realizzazione della genitorialità, bensì nel raggiungimento di un equilibrio e di una certa serenità, che esulta dalla propria capacità procreativa.